Spesso, nelle Fiabe e nei Racconti più belli, ai protagonisti capita, ad un certo punto, di dover SOSTARE in un LUOGO-RIFUGIO.
Magari l’Eroe e l’Eroina sono ancora lontanissimi dalla loro meta finale, oppure non hanno idea di come portare a termine la loro missione.
Oppure ancora si sono completamente smarriti.
Magari hanno gli Orchi con il fiato sul collo, come gli Hobbit della Contea. O peggio, i Nazgul.
Può darsi che abbiano perso tutto quel poco che avevano e che si ritrovino totalmente senza risorse, come nel caso della Servetta della fiaba “La vecchia nel Bosco”.
Che sollievo quando Biancaneve trova la casa dei Sette Nani, un po’ spartana ma confortevole: un luogo dove appoggiarsi, almeno un attimo.
Il Principe Ivan, classico terzogenito che non riceve nessuno strumento né stima da parte del padre Zar, deriso dai fratelli e in sella ad un cavallo brocco, ormai disperso da giorni, a vagare nel nulla nella steppa siberiana, verrà rifocillato a dovere non da una sola strega, ma addirittura da TRE BABA JAGHE, una più vecchia e più saggia dell’altra.
La Fanciulla senza Mani se ne starà un bel po’ a fare pit stop nel castello della suocera.
Il protagonista dei Tre Capelli d’oro del Diavolo riceverà precise istruzioni, su come completare la sua missione, niente meno che dalla Nonna del grande satanasso, nel buio e solforoso sottosuolo.
Atreiu verrà medicato e “biberonato” da Urgula, l’anziana gnoma della coppia dei Bisolitari, in quella casetta isolata ma dalla suggestiva vista Oracolo.
Nelle Storie, così come nella vita, arrivano quei momenti sacri in cui è fondamentale fermarci, sostare in un approdo sicuro e ricevere tutto il nutrimento di cui abbiamo bisogno.
Sappiamo bene che quella non è la nostra destinazione definitiva, ma saremmo pazzi a rifiutare un soggiorno a Gran Burrone, l’incantato regno elfico di ristoro e protezione.
Le Fiabe ci presentano LA SOSTA non solo come una fase naturale della trama, ma addirittura come qualcosa di profondamente sano: questo momento ci offre la possibilità di acquisire e radicare intenti e consapevolezze, di stringere nuovi patti d’alleanza, di comprendere ciò che vogliamo davvero e di fare l’inventario di ciò che ci occorre e di eliminare ciò che invece non ci serve più.
Perché adesso è qui che ci troviamo.
Tra il Solstizio d’Inverno e l’Equinozio di Primavera, in questa “terra di mezzo”, per danzare in equilibrio funambolesco intorno ai giorni della Candelora.
L’IMBOLC.
È questo il momento dell’anno in cui onorare i nostri bisogni di SICUREZZA, di stabilità, di supporto. Di sonno.
È un sentire biologico che ci accompagna da sempre: arriva quando l’inverno è ancora lungo, quando le scorte stanno per terminare e la nostra resistenza, un tempo, veniva messa a dura prova.
Il bisogno di riparo, di TOCCO, DI CALORE, DI CERTEZZE, di rassicurazioni e di incoraggiamento: avvertire tutto questo, soprattutto nel mondo interiore femminile, non solo è normale, ma anzi è ottimo segno di profonda connessione con i Cicli del Mondo di Natura.
Lasciamo allora che, in questo preciso momento dell’anno, ad ispirarci sia la fioritura pazza, coraggiosa, vitale e poetica del MANDORLO.
Albero dalle mille varietà, pieno di leggende, di folklore, di bellezza, il suo gemmoderivato risulta utilissimo in caso di forti stress prolungati, perché capace di regolare il sonno, il sistema nervoso, l’attività tiroidea, l’ipertensione.
Il suo fitoestratto sa riequilibrare il nostro essere “schizzati”, anche davanti alle semplici incombenze del quotidiano.
Perché il Mandorlo è una fonte di nutrimento su tutti i livelli.
Nella cartolina di un tempo che oggi sembra lontanissimo, in mezzo alla miseria e agli stenti, il mio bisnonno riuscì a provvedere alla sua numerosa famiglia vendendo, casa per casa, GUSCI DI MANDORLE, quando non c’era né carbone né legna per scaldarsi.
Una sorta di antenato del pellet.
LA MERAVIGLIOSA ARTE DI SVANGARLA, E DI SVANGARLA SEMPRE AL MEGLIO:
Candelora dopo Candelora, forse è questo il grande insegnamento che ci portiamo dentro da tutti i Febbrai della nostra vita.
È questa la preziosissima eredità che storie, piante, antenati e tutto ciò che ci ha preceduto, ci hanno lasciato nei libri di Fiabe e nella preziosa Sapienza Erboristica che mai dovrà andare dimenticata.
E che per fortuna ritroviamo dentro la scorza dura di certi nostri passaggi di crescita.
Buona Fine di Gennaio,
cari Amici ErboNarranti
Che candele bianche
e fioriture audaci
sempre ci regalino
fiducia infinita
e nuovi sorrisi d’inverno.
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