Io 43 anni, ieri sera con tono acido: "Marta metti il piatto nella lavastoviglie".
Lei 8 anni, con tono chiaro e fermo: "Mamma, io lo metto pero devi parlarmi con un tono giusto".
Io, sorridendo sotto i baffi: "Hai ragione Marta, ti chiedo scusa".
Non sono un modello di perfezione.
Non sono un modello, non sono un cartamodello, non sono una modella e non sono perfetta, anche se una mia parte vorrebbe tanto esserlo ed è terrorizzata che ciò non sia. Ciò ha a che fare con la mia infanzia nella quale cercare di essere perfetta ha garantito, a costo di una sforzo mentale e fisico immane ed impossibile in fin dei conti, un minimo di attaccamento e sicurezza vs stati di intenso terrore.
Lo dico perché a qualcuno può interessare saperlo per la propria riflessione.
Questo è l'incipit. Ed è l'incipit di ieri sera, perché sì ho parlato in modo scortese, antipatico, impositivo, acido, come dir si voglia, a mia figlia Marta e sì mi capita di farlo.
E ho riso sotto i baffi, che però non ho (precisiamolo va che è meglio ), per la sua SPLENDIDA risposta.
Sono stata fiera di lei, del suo sentirsi libera di parlarmi dicendomi "le cose brutte" (lei chiama così le critiche) e difendendo il suo diritto di essere trattata con rispetto.
Non potevamo noi.
Non possono molti bambini ancora oggi.
La loro rabbia, difensiva rispetto a sé e narratrice di quanto sentono ingiusto, viene spazzata via dal potere adulto irrispettoso della dignità della loro persona paritetica a quella di un adulto.
La nostra rabbia veniva minacciata.
I nostri pensieri venivano annientati.
Non potevano. Non potevamo.
Tutto ciò è stato ininfluente?
No.
Molti hanno imparato ed imparano ad avere terrore della loro rabbia.
Hanno imparato ed imparano a sentirsi in colpa e cattivi per la loro rabbia.
Hanno imparato ed imparano a non sentire più la rabbia.
Hanno imparato ed imparano a sentirla inconsapevolmente nel corpo.
Hanno dovuto e devono buttarla via da altre parti: nel corpo, contro la vita, gli altri, su di sé.
Hanno imparato ed imparano a dire sempre di sì, ad ingoiare, a lasciare che i propri confini corporei venissero e vengano violati, così come i loro pensieri, le loro opinioni.
Hanno imparato ed imparano a sostituirli con quelli di altri, "altri" che hanno rappresentato e rappresentano il potere.
Noemi Zenzale.